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il caffè del commendatore. 245

Çeóla chiamarla serva, lo serviva lei. Ma la Rosina, considerato che adesso nell’anticamera ci stava un signore per bene e non mal veduto dal feroce collega di cucina, si disponeva lietamente a portare i due caffè nello studio di quel povero santo Giobbe del padrone appena fosse partito l’odioso Ciotti. Uditolo scender la scala, si mosse dall’alto del terzo piano. Appena toccato il secondo incontrò un amico e parente della famiglia, che allungò, con un viso beato, le mani cupide al vassoio: “Brava ciò! quel che ghe vol per mi che go magnà i gnochi!„ La Rosina si difese accanitamente e l’altro incalzò con l’attacco. “No che l’è per el signor Maroni!„

“Te ghe ne scaldarè un altro„.

“No ghe n’è più!„

“E ti falo fresco!„ L’amico si trangugiò la sua tazza di caffè caldo con molti voluttuosi muggiti e soffi e la Rosina ritornò brontolando in cucina.

Maironi aveva fatto alcune visite al Commendatore durante il suo sindacato per consultarlo in argomenti di amministrazione o per raccomandargli qualche interesse pubblico. N’era sempre stato accolto cordialmente. Adesso era venuto a malincuore, sospettando che gli si volesse parlare di politica. Sapeva che i liberali speravano di approfittare della sua defezione dagli amici antichi e gli