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258 capitolo quarto.

care quell’appoggio e insieme non volendo troppo turbare il venerato amico.

“E Lei, don Giuseppe?„ disse questi. “Lei che conosce Maironi, che ha conosciuto, credo, i suoi genitori, perchè non potrebbe tentar qualche cosa?„

Don Giuseppe sospirò, si passò una mano sugli occhi. “Povero me„, rispose, “non so far niente, non so agire, non so parlare; una miseria!„

Il Commendatore, pur protestando, si tenne sicuro ch’egli avrebbe invece fatto qualche cosa. Tacque, però, questa fiducia.

“Allora„, diss’egli, “se noi non ci possiamo far niente, speriamo bene. Vedrà che adesso il Signore piglia in mano la cosa Lui„.


Finalmente, liberato il campo, la Rosina entrò portando il caffè.

“Xela stà una procession, signor!„

“Ti pare?„ fece il mansueto padrone.

“Mi digo!„ rispose Rosina. “E l’ultimo xe stà el santo„.

Soggiunse che un momento prima si erano trovati a salir la scala insieme il marchese Scremin e quel tale ch’era venuto a raccomandarsi un’altra volta per l’appalto dei pozzi neri delle caserme a Verona. Ella li aveva licenziati ambedue.