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in luminae vitae. 405

sorridente: “È qui Piero, sai; un momento, un momento solo!„ e si fece da parte. Egli entrò, scorse appena, nell’ombra, il biancor fioco del letto, la figura fosca della suora infermiera, che si era levata in piedi, udì una debole voce dolce dire: “Apra un poco„ e mentre la marchesa diceva piano: “un pochetto, sa suora, un pochetto solo„, si appressò in punta di piedi al letto, la vide.

Erano quasi tre anni che non la vedeva così da presso e gli parve trasfigurata. Il viso, da bianco e roseo ch’era stato, mostrava ora sotto le accensioni della febbre il pallore caldo dell’avorio, il naso si era venuto affilando, gli occhi parevan tanto più grandi, più scuri e più lucenti. Mai quel viso non era stato così bello, così penetrato d’anima.

Gli tese le braccia, gli prese il capo, lo raccolse a sè, gli sussurrò sulla bocca “grazie„ ed egli la baciò appena, quasi non osando.

“Che ti veda!„ diss’ella a stento, tanto il respiro era affannoso; e ravviandogli lentamente con la mano i capelli sulla fronte ch’egli aveva rialzata, lo guardò, lo guardò con i grandi occhi scuri fissi, dove scattavano, alternandosi, scintille di dolore, scintille di tenerezza, sorrisi di pace.

“Basta, Elisa, basta„, mormorò la mamma.

L’inferma piegò il viso a destra, posò le labbra sul braccio del marito.