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422 | capitolo settimo. |
tudine, da un’aspettazione ansiosa senza saper di che, da uno struggimento interno, da un desiderio di piangere senza poter piangere. A un tratto mi vidi dentro la fronte, o dentro il petto, non lo so, per un momento, per un solo momento, queste parole: “perchè mi resisti?„ Me ne sgomentai, ma poi mi son detto subito: sarà un caso, una reminiscenza involontaria, niente altro. Mia suocera, rientrando dalla prima messa, aveva posato sul tavolino del salotto il suo libro di preghiere. Lo apro. Era una Imitazione. Gli occhi mi cadono sul principio del libro quarto dove sono le parole di Cristo: Venite ad me omnes qui laboratis et onerati estis et ego reficiam vos„.
A don Giuseppe sfuggì una esclamazione sommessa. Piero lo interrogò, avido. Niente, niente; don Giuseppe non aveva niente a dire. Il giovine continuò:
“Mi prese un tremito, un gran tremito, come se avessi udito il Signore chiamarmi. Venni diritto in chiesa. Per la strada mi pareva di camminare dentro un’aria piena di Dio. Mettere il piede sulla soglia della chiesa, veder Lei all’altare e sentire un risveglio di tutta la mia fede di fanciullo, un dolore acuto del mio allontanamento da Dio, delle mie ripulse ai suoi richiami, una tenerissima gratitudine della sua paziente bontà, è stato un punto solo.