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460 capitolo ottavo.

il giardinetto pensile, in faccia allo specchio lungo e stretto delle acque, che va sino a Gandria e al S. Salvatore. Ambedue le finestre erano aperte, la pace del lago e delle montagne entrava nella camera vuota. Una valigietta e un soprabito di Piero erano sul cassettone, l’ombrello e il bastone in un angolo, onde a prima giunta don Giuseppe sorpreso, esclamò:

“Se la sua roba è qui!„

Ma poi trovò sulla scrivania una lettera con questa soprascritta:

Per Lei, don Giuseppe, e Iddio Le renda il bene che mi ha fatto.

Il letto era intatto, don Giuseppe domandò al custode se non avesse udito alcuno scender le scale durante la notte, aprir la porta di casa. No, non aveva udito. In fatto alle sette e mezzo la porta era ancora chiusa. Invece don Giuseppe, alle sei e mezzo, aveva trovato aperto il cancello del giardinetto. Piero doveva essere uscito di là. Don Giuseppe lesse la sua lettera; non vi erano che le istruzioni promesse, la conferma delle intelligenze prese a voce e una busta suggellata, con la scritta: da aprirsi dopo la morte di Piero Maironi. Il biglietto al custode conteneva un affettuoso saluto di commiato, una lode, un ringraziamento e l’ordine di considerare don Giuseppe