Pagina:Pietro Vigo, Montenero, Livorno, GiusFabbreschi, 1902.djvu/148

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138 capitolo iv.


cor vivo nella storica terra di S. Grimignano in Valdelsa, che ha conservato il tipo caratteristico delle torri italiane di quel tempo. L’inventario dei beni di S. Maria ricorda la prima stanza di detta torre, con un letto a panche, un saccone vecchio, e tavole d’albero vecchio; una seconda stanza, verosimilmente sopra quella, colle stesse suppellettili; ed una terza in cima alla torre con undici spingarde con cassa ed una senza cassa; un orologio grande di ferro dentro ad un castello di legno ed una campana per detto orologio e quattro palle di ferro. La torre serviva adunque per l'orologio; e che fosse distinta dal campanile possiamo esser certi, perchè dopo aver parlato della torre ed avere enumerato altri oggetti l'inventario ricorda il campanile con tre campane. La chiesa di Montenero, quando la lasciarono gli Ingesuati, aveva ancora un antiporto, (così trovo scritto nel documento) ove l'anno in cui fu fatto l’inventario, ossia il 1669 si trovavano, lo noto a titolo di curiosità, cinque palle di artiglieria fra grosse e piccole.

Già fatto segno di doni e di offerte a tempo degli Ingesuati, si moltiplicarono quelli e queste sino dai primi tempi della custodia teatina, e non in denari soltanto, ma in derrate, vino, olio, uva passa, formaggi, mandarle, acciughe, pollastri, pesci, dolci maioliche, ripetutamente ed anche da parte di persone di condizione ragguardevole, come il Console di Spagna in Livorno (1697); il Marchese de Selva, che si trova menzionato come uno dei più assidui e zelanti benefattori del Santuario nel 1697 e 98, e la pia Marchesa sua consorte che donò dodici tovaglioli di Fiandra, una saliera di argento e dodici coltelli, oltre il cospicuo dono