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Della Maniera di trattare |
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Quando si sono radunate le autorità in buon
numero, tanto basta. Le Ragioni per lo più non
si cercano, nè quelle, che fanno per istabilire il
proprio sentimento, nè quelle, che per la parte
contraria potessero servire.
Sicchè il Sig. Consulente passa a distendere il suo
consulto, dove spiega il suo parere in favore di
chi lo paga, e lo va confermando con una frotta
di autorità, che con somma diligenza si sono raccolte.
Nello stesso tempo vi s’infilzano delle
chiacchiere, delle inezie, e delle puerilità, che il
Sig. Consulente spaccia per sode ragioni, e per
belle erudizioni. Ed ecco fatto il bellissimo,
dottissimo, ed eruditissimo consulto, che il praticante
poi legge, rilegge per imprimerlo nella
mente, e ne trae una copia tanto per usarsi alla
cotanto buona, ed elegante maniera di scrivere,
e distendere consulti, quanto per potersene
in somiglianti casi a suo tempo servire. Lo
stile del consulto sia Italiano, sia Latino, ha da
essere barbaro, orrido, spaventevole, senza ortografia,
senza ordine, senza connessione; ma prolisso, gonfio, pieno zeppo di
espressioni pratico-legali. E se il Consulente arriva a tanto, egli
avrà anche fatto una pulita, e ben elegante scrittura:
e felice quello studente, cui riesca di saper
imitare un così ameno, e leggiadro stile.
In tutto questo tempo di pratica lo studioso non
ha da vedere il Corpus Juris, se non che per
mero accidente l’una o l’altra fiata soltanto. Egli
non ha da studiare mai tanto di latino, che
possa giugnere ad intendere un qualche testo delle
Leggi. Egli non ha mai da guardare un Libro
metodico, sistematico, e pieno di buoni prin-