è, che chi avesse un tantino errato nel recitare
la formola insegnatagli per poter giudizialmente
domandare il suo, o coll’ommettere una sola parola,
o col proferirla in altra maniera, che si
dovea, col sostituirne un’altra equivalente, e del
medefimo significato della prima, perdeva
subitamente tutta la causa, se anche avesse altrimenti
avuto cento ragioni per una.1 Ma sentiamo
fu di ciò Cicerone istesso, che mette troppo
bene in veduta i garbuglj, le sottigliezze, e le
cabale irragionevoli adoperate da cotesti primi
lumi, ed autori della Giurisprudenza Romana.2
„Potendosi questo comodissimamente fare:
la possession Sabina è mia, anzi ella è mia. Poscia
ne venga dietro il giudizio. Costoro non vollero.
La Possessione, il Giureconsulto dice, che è nel
Contado, che Sabino si chiama, ben prolissamente:
dimmi, che n’aggiungono appresso?
Io affermo, che l’è mia per dritto. Che poi ne
succede? Quindi io dal Tribunale ti cito ad
appiccar mischia forense. Non avea il difensore che
rispondere a costui con tanta loquacità litigioso.
II medesimo Giureconsulto sen passa alla
maniera del flautista latino, di colà, onde tu
citato m’hai dal Tribunale ad appicare forense
mischia, di quindi a quel luogo là ti richiamo.
Il prettore frattanto, perchè non si reputasse
eccellente uomo, ed avventuroso, ad esso
ancora la formola fu composta, siccome per gli
altri rispetti importuna, così specialmente per
- ↑ Cic. de Invent. Liv. 2. cap. 19. Auct. ad Herenn. Lib. I ca. 2. Quintil. Instit. Orat. Lib. 3. c. 8. et Lib. 7. cap. 3.
- ↑ pro Muræna cap. 12.