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trei ribellarmi in una sola maniera: andandomene.
— Ebbene, — concluse maliziosamente la signorina Caporale, — forse questo appunto non vuole Adriana.
— Ch’io me ne vada?
Quella fece girar per aria il fazzolettino sbrendolato e poi se lo raccolse intorno a un dito sospirando:
— Chi sa!
Scrollai le spalle.
— A cena! a cena! — esclamai; e la lasciai lì in asso, nel terrazzino.
Per cominciare da quella sera stessa, passando per il corridojo, mi fermai innanzi al baule, su cui Scipione Papiano era tornato ad accoccolarsi, e:
— Scusi, — gli dissi, — non avrebbe altro posto dove star seduto più comodamente? Qua lei m’impiccia.
Quegli mi guardò balordo, con gli occhi languenti, senza scomporsi.
— Ha capito? — incalzai, scotendolo per un braccio.
Ma come se parlassi al muro! Si schiuse allora l’uscio in fondo al corridojo, ed apparve Adriana.
— La prego, signorina, — le dissi, — veda un po’ di fare intender lei a questo poveretto che potrebbe andare a sedere altrove.
— È malato, — cercò di scusarlo Adriana.
— E però che è malato! — ribattei io. — Qua non sta bene: gli manca l’aria... e poi, seduto su un baule... Vuole che lo dica io al fratello?
— No no, — s’affrettò a rispondermi lei. — Glielo dirò io, non dubiti.