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finestre, urtati con violenza, pareva dovessero fragorosamente cedere alla furia; e su, la porticina del terrazzo sbacchiava a quando a quando. Guizzò a un tratto, nella tetraggine, un lampo vivissimo e quasi contemporaneamente il tuono scoppiò squarciando l’aria con formidabile rimbombo. Marta cacciò un grido fuggendo dalla camera, e andò ad aggrapparsi alla madre, tremando a verga a verga, pallida, convulsa.
— Vergogna! Hai avuto paura? — le disse la madre, carezzandole i capelli. — Vedi come sei nervosa? Che bambina....
— Sì, sì.... — fece Marta, scossa da brividi, che diventarono singhiozzi. — Nervosa.... nervosa.... Non è possibile che scriva oggi.... Scriverò domani.... Tremo tutta....
— Sta qui con noi, — le consigliò Maria.
Star lì con loro, lì, in quella cucinetta raccolta, assaporando la vita domestica, chiusa, ristretta e santa, la vita che non era più per lei!
Aveva lacerato tanti e tanti fogli di carta: la lettera facilmente formulata nella delirante esaltazione della notte, le era parsa, sul punto di scriverla, senza nesso, inconsistente. S’era messa a pensare per riformularla; invano! lo spirito le rimaneva attonito; arido, il cervello; e intanto il corpo smaniava sotto l’imposizione della volontà. Sentiva il corpo l’incombente minaccia