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L’ironia comica nella poesia cavalleresca


Quando il Brunetière, su la Revue des Deux Mondes prima,1 poi nel volume Études critiques sur l’histoire de la litterature française,2 si scagliò contro l’erudizione contemporanea e la letteratura francese nel medio evo, a difender questa e quella sorsero, fieramente indignati, molti critici, segnatamente romanisti, e non soltanto della Francia.

Certo, la difesa dell’erudizione contemporanea sarebbe riuscita molto più efficace, se i difensori non si fossero da un canto lasciati andare per ripicco a dire ogni sorta di villanie contro la critica estetica, e non si fossero, dall’altro, provati a difendere con troppo zelo anche le bellezze della poesia medievale, epica e cavalleresca, della Francia.

Ricordo, fra le altre, la difesa di Cr. Nyrop, nella sua Storia dell’Epopea francese nel M. E.,3 per la ingenua speciosità degli argomenti. «Si è fatto un rimprovero ai poemi dicendo che sono rozzi e ruvidi e che i personaggi che vi agiscono non possono pretendere al nome di eroe, poichè tutto il loro sforzo non


  1. 1879, III, p, 620 e segg.
  2. Paris, 1880.
  3. Trad. del Gorra (Torino, Loescher, 1888). Vedi Lib. III cap. III (Valore dell’Epopea).
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