Pagina:Pirandello - Quaderni di Serafino Gubbio operatore, Firenze, Bemporad, 1925.djvu/140

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— Ma lei, — dissi, — è ancora in tempo, caro Ferro, se crede...

— Nossignore! — m’interruppe aspramente. — Già codesto signor Nuti, per opera del Polacco, s’è comperato il diritto d’entrare alla Kosmograph.

— No, scusi, io dico, ancora in tempo di rifiutare la parte, che le è stata assegnata. Nessuno, conoscendola, può credere che lei lo faccia per paura.

— Tutti lo crederebbero! — gridò Carlo Ferro. — E io per il primo! Sissignore... Perchè il coraggio posso averlo, e l’ho, di fronte a un uomo, ma di fronte a una belva, se non ho la calma, non posso aver coraggio; chi non ha calma deve aver paura. E io avrei paura, sissignore! Paura, non per me, m’intenda bene! Paura per chi mi vuol bene... Ho voluto che mia madre fosse assicurata; ma se domani le daranno un danaro macchiato di sangue, mia madre ne morrà! che vuole che se ne faccia del danaro? Veda in quale vergogna m’ha messo quel cagliostro! nella vergogna di dire queste cose, che pajono suggerite da una tremenda, e-sa-ge-ra-tis-si-ma paura! Già, perchè tutto ciò che faccio, sento e dico, è condannato a parere a tutti esagerato! S’uccidono, Dio mio, tante bestie feroci in tutte le case cinematografiche, e mai nessun attore ne è morto, mai nessuno ha dato tanto peso alla cosa. Ma io glielo do, perchè qua, adesso, mi vedo giocato, mi vedo insidiato, designato apposta con l’unico intento di farmi perdere la calma! Sono sicuro che non accadrà nulla; che sarà affare d’un minuto e ucciderò la tigre senza nessun pericolo. Ma è la rabbia per l’insidia che m’è