Pagina:Pirandello - Quaderni di Serafino Gubbio operatore, Firenze, Bemporad, 1925.djvu/164

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Rosa egli seguì dalla villetta di Sorrento a Napoli i due fidanzati, per salvare il povero Giorgio, troppo ingenuo e accecato dal fascino di quella donna. Non ci voleva mica molto a salvarlo! Bastava dimostrargli e fargli toccar con mano, che quella donna ch’egli voleva far sua sposandola, poteva esser sua, com’era stata d’altri, come sarebbe stata di chiunque, senza bisogno di sposarla. Ed ecco che, sfidato dal povero Giorgio, s’impegnò di fargli subito questa prova. Il povero Giorgio la credeva impossibile, perchè, al solito, per la tattica comunissima a tutte codeste donne, la Nestoroff a lui non aveva mai voluto concedere neanche il minimo favore, e a Capri la aveva veduta così sdegnosa di tutti, appartata e altera! Fu un tradimento orribile. Non già il suo, ma quello di Giorgio Mirelli! Aveva promesso che, avuta la prova, si sarebbe allontanato subito da quella donna: invece, s’uccise.

Questa è la versione che Aldo Nuti vuol dare del dramma.

Ma come, dunque? Il giuoco l’ha fatto lui, il pagliaccetto? e perchè s’è fracassato così? se era un giuoco così facile?

Via queste domande, e via ogni meraviglia. Qua bisogna far vista di credere. Non deve affatto scemare, ma anzi crescere la pietà per il prepotente bisogno di mentire di questo povero pagliaccetto, che è la vanità di Aldo Nuti: la faccina senza naso, le manine senza dita, la molla del petto rotta, scattata fuori del giubbetto stracciato, lasciamolo mentire! Tanto, ecco, la menzogna gli serve per piangere di più.