Pagina:Pirandello - Quaderni di Serafino Gubbio operatore, Firenze, Bemporad, 1925.djvu/173

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— Non l’annojo, è vero? non la disturbo? —

Lo assicurai calorosamente che non mi disturbava affatto.

— So, vedo che lei è un uomo di cuore... mi lasci dire! un uomo tranquillo, ma che sa comprendere e compatire. E io... —

S’interruppe, turbato in volto, tese l’orecchio, s’alzò precipitosamente:

— Mi pare che Luisetta m’abbia chiamato... —

Tesi anch’io l’orecchio, dissi:

— No, non mi pare. —

Dolorosamente si portò le mani su la parrucca e se la calcò sul capo.

— Sa che m’ha detto jersera Luisetta? «Babbo, non ricominciare.» Io sono, signor Gubbio, un uomo esasperato! Per forza. Imprigionato qua in casa, dalla mattina alla sera, senza veder mai nessuno, escluso dalla vita, non posso sfogare la rabbia per l’iniquità della mia sorte! E Luisetta dice che faccio scappare tutti gl’inquilini!

— Oh, ma io... — feci per protestare.

— No, è vero, sa? è vero! — m’interruppe Cavalena. — E lei, che è così buono, mi deve promettere fin d’ora che appena io la stanco, appena io l’annojo, mi prenderà per le spalle e mi butterà fuori dell’uscio! Me lo prometta, per carità. Qua, qua: mi deve dar la mano, che farà così. —

Gli diedi la mano, sorridendo:

— Ecco... come vuol lei... per contentarla.

— Grazie! Così sono più tranquillo. Io sono cosciente, signor Gubbio, non creda! Ma cosciente, sa di che? Di non essere più io! Quando s’arriva a toccare questo fondo, cioè a perdere il pudore