Pagina:Pirandello - Quaderni di Serafino Gubbio operatore, Firenze, Bemporad, 1925.djvu/84

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ingombro, il cadavere di lei. In mezzo a una finzione generale la sua morte sarà vera.

E fosse almeno una finzione che con la sua bellezza e la sua nobiltà potesse in qualche modo compensare il sacrificio di questa bestia. No. Stupidissima. L’attore che la ucciderà, non saprà forse nemmeno perchè l’avrà uccisa. La scena durerà un minuto, due minuti su lo schermo in projezione, e passerà senza lasciare un ricordo duraturo negli spettatori, che usciranno dalla sala sbadigliando:

— Oh Dio, che stupidaggine! —

Questo, o bella belva, t’aspetta. Tu non lo sai, e guardi di tra le sbarre della gabbia con codesti occhi spaventevoli, ove la pupilla a spicchio or si restringe or si dilata. Vedo quasi vaporare da tutto il tuo corpo, com’alito di bragia, la tua ferinità, e segnato nelle nere striature del tuo pelame l’impeto elastico degli slanci irrefrenabili. Chiunque t’osservi da vicino, gode della gabbia che t’imprigiona e che arresta anche in lui l’istinto feroce, che la tua vista gli rimuove irresistibilmente nel sangue.

Tu qua non puoi stare altrimenti. O così imprigionata, o bisogna che tu sia uccisa; perchè la tua ferocia — lo intendiamo — è innocente: la natura l’ha messa in te, e tu, adoprandola, ubbidisci a lei e non puoi aver rimorsi. Noi non possiamo tollerare che tu, dopo un pasto sanguinoso, possa dormir tranquillamente. La tua stessa innocenza fa innocenti noi della tua uccisione, quand’è per nostra difesa. Possiamo ucciderti, e poi, come te, dormir tranquillamente. Ma là, nelle terre selvagge,