Pagina:Pirandello - Quaderni di Serafino Gubbio operatore, Firenze, Bemporad, 1925.djvu/87

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volta anche il suono delle parole più comuni e domandiamo:

— Scusi, com’ha detto? —

In poco più d’otto mesi, che son qui, tra me e lui, oltre i saluti, ci sarà stato lo scambio d’appena una ventina di parole.

Poi, ella — sì, ci fu anche questo — appressandosi, cominciò a parlarmi con molta volubilità, come si suol fare quando vogliamo distrarre l’attenzione di qualcuno che ci sorprenda in qualche atto o pensiero che vorremmo tener nascosto. (La Nestoroff parla con meravigliosa facilità e con perfetto accento la nostra lingua, come se fosse in Italia da molti anni: ma salta subito a parlar francese, appena appena, anche momentaneamente, si alteri o si riscaldi.) Voleva saper da me, se mi paresse che la professione dell’attore fosse tale, che una qualsiasi bestia (anche non metaforicamente) si potesse credere atta, senz’altro, a esercitarla.

— Dove? — le domandai.

Non intese la domanda.

— Ecco, — le spiegai, — se si tratta d’esercitarla qui, dove non c’è bisogno della parola, forse anche una bestia, perchè no?, può esser capace. —

La vidi infoscarsi in volto.

— Sarà per questo, — disse misteriosamente.

Mi parve dapprima d’indovinare, ch’ella (come tutti gli attori di professione, scritturati qui) parlasse per dispetto di certuni, i quali, senz’averne bisogno, ma pur non sdegnando un guadagno facile, o per vanità, o per diletto, o per altro, trovano modo di farsi accettare dalla Casa e di prender posto tra gli attori, senza molta difficoltà, tolta di