Pagina:Pirandello - Uno nessuno e centomila, Milano, Mondadori, 1936.djvu/18

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giurare che per parecchi giorni di fila nella nobile città di Richieri io vidi (se non fu proprio tutta mia immaginazione) un numero considerevolissimo di miei concittadini passare da una vetrina di bottega all’altra e fermarsi davanti a ciascuna a osservarsi nella faccia chi uno zigomo e chi la coda d’un occhio, chi un lobo d’orecchio e chi una pinna di naso. E ancora dopo una settimana un certo tale mi s’accostò con aria smarrita per domandarmi se era vero che, ogni qual volta si metteva a parlare, contraeva inavvertitamente la pàlpebra dell’occhio sinistro.

— Sì, caro, — gli dissi a precipizio. — E io, vedi? il naso mi pende verso destra; ma lo so da me; non c’è bisogno che me lo dica tu; e le sopracciglia? ad accento circonflesso! le orecchie, qua, guarda, una più sporgente dell’altra; e qua, le mani: piatte, eh? e la giuntura storpia di questo mignolo; e le gambe? qua, questa qua, ti pare che sia come quest’altra? no, eh? Ma lo so da me e non c’è bisogno che me lo dica tu. Statti bene. —

Lo piantai lì, e via. Fatti pochi passi, mi sentii richiamare.

— Ps! —

Placido placido, col dito, colui m’attirava a sè per domandarmi:

— Scusa, dopo di te, tua madre non partorì altri figliuoli?

— No: nè prima nè dopo, — gli risposi. — Figlio unico. Perchè?

— Perchè, — mi disse, — se tua madre avesse