Pagina:Pirandello - Uno nessuno e centomila, Milano, Mondadori, 1936.djvu/27

Da Wikisource.

gando il volto come se un filo interno me lo tirasse); per un profondo cordoglio (e aggrottavo la fronte, immaginando la morte di mia moglie, e socchiudevo cupamente le pàlpebre quasi a covar quel cordoglio); per una rabbia feroce (e digrignavo i denti, pensando che qualcuno m’avesse schiaffeggiato, e arricciavo il naso, stirando la mandibola e fulminando con lo sguardo).

Ma, prima di tutto, quella maraviglia, quel cordoglio, quella rabbia erano finte, e non potevano esser vere, perchè, se vere, non avrei potuto vederle, chè subito sarebbero cessate per il solo fatto ch’io le vedevo; in secondo luogo, le maraviglie da cui potevo esser preso erano tante e diversissime, e imprevedibili anche le espressioni, senza fine variabili anche secondo i momenti e le condizioni del mio animo; e così per tutti i cordogli e così per tutte le rabbie. E infine, anche ammesso che per una sola e determinata maraviglia, per un solo e determinato cordoglio, per una sola e determinata rabbia io avessi veramente assunto quelle espressioni, esse erano come le vedevo io, non già come le avrebbero vedute gli altri. L’espressione di quella mia rabbia, ad esempio, non sarebbe stata la stessa per uno che l’avesse temuta, per un altro disposto a scusarla, per un terzo disposto a riderne, e così via.

Ah! tanto bel senno avevo ancora per intendere tutto questo, e non potè servirmi a tirare dalla riconosciuta inattuabilità di quel mio folle proposito la conseguenza naturale di rinunciare all’impresa disperata