Pagina:Pirandello - Uno nessuno e centomila, Milano, Mondadori, 1936.djvu/43

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strutta e scortecciati agli spigoli i pilastri; mi fa ora pensare che mio padre lo lasciò così quasi in aria e vuoto, forse perchè pensò che la casa, dopo la sua morte, doveva restare a me, vale a dire a tutti e a nessuno; e che le fosse inutile perciò il riparo d’una porta.

Finchè visse mio padre, nessuno s’attentò a entrare in quella corte. Erano rimaste per terra tante pietre intagliate; e chi passava, vedendole, potè dapprima pensare che la fabbrica, per poco interrotta, sarebbe stata presto ripresa. Ma appena l’erba cominciò a crescere tra i ciottoli e lungo i muri, quelle pietre inutili sembrarono subito come crollate e vecchie. Col tempo, morto mio padre, divennero i sedili delle comari del vicinato, le quali, titubanti in principio, ora l’una ora l’altra, s’arrischiarono a varcare la soglia, come in cerca d’un posto riparato dove ci si potesse mettere seduti bene all’ombra e in silenzio; e poi, visto che nessuno diceva nulla, lasciarono alle loro galline la titubanza ancora per poco, e presero a considerare quella corte come loro, come loro l’acqua della cisterna che vi sorgeva in mezzo; e vi lavavano e vi stendevano i panni ad asciugare; e infine, col sole che abbarbagliava allegro da tutto quel bianco di lenzuoli e di camìce svolazzanti dai cordini tesi, si scioglievano sulle spalle i capelli lustri d’olio per “cercarsi„ in capo, come fanno le scimmie tra loro.

Non diedi mai a divedere nè fastidio nè piacere di quella loro invasione, benchè m’irritasse specialmente la vista d’una vecchina sempre pigolante, dagli occhi risecchi e la gobba dietro ben segnata da un giubbino