Pagina:Pirandello - Uno nessuno e centomila, Milano, Mondadori, 1936.djvu/58

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§ 9. Nuvole e vento.


Ah, non aver più coscienza d’essere, come una pietra, come una pianta! Non ricordarsi più neanche del proprio nome! Sdrajati qua sull’erba, con le mani intrecciate alla nuca, guardare nel cielo azzurro le bianche nuvole abbarbaglianti che veleggiano gonfie di sole; udire il vento che fa lassù, tra i castagni del bosco, come un fragor di mare.

Nuvole e vento.

Che avete detto? Ahimè, ahimè. Nuvole? Vento? E non vi sembra già tutto, avvertire e riconoscere che quelle che veleggiano luminose per la sterminata azzurra vacuità sono nuvole? Sa forse d’essere la nuvola? Nè sanno di lei l’albero e la pietra, che ignorano anche se stessi; e sono soli.

Avvertendo e riconoscendo la nuvola, voi potete, cari miei, pensare anche alla vicenda dell’acqua (e perchè no) che divien nuvola per divenir poi acqua di nuovo. Bella cosa, sì. E basta a spiegarvi questa vicenda un povero professoruccio di fisica. Ma a spiegarvi il perchè del perchè?