Pagina:Pirandello - Uno nessuno e centomila, Milano, Mondadori, 1936.djvu/67

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Gengè, sì, l’aveva, per mia moglie Dida. Ma non potevo in nessun modo consolarmene perchè v’assicuro che difficilmente potrebbe immaginarsi una creatura più sciocca di questo caro Gengè di mia moglie Dida.

E il bello, intanto, era questo: che non era mica senza difetti per lei quel suo Gengè. Ma ella glieli compativa tutti! Tante cose di lui non le piacevano, perchè non se l’era costruito in tutto a suo modo, secondo il suo gusto e il suo capriccio: no.

Ma a modo di chi allora?

Non certo a modo mio, perchè io, ripeto, non riuscivo davvero a riconoscere per miei i pensieri, i sentimenti, i gusti ch’ella attribuiva al suo Gengè. Si vede dunque chiaramente che glieli attribuiva perchè, secondo lei, Gengè aveva quei gusti e pensava e sentiva così, a modo suo, c’è poco da dire, propriamente suo, secondo la sua realtà che non era affatto la mia.

La vedevo piangere qualche volta per certe amarezze ch’egli, Gengè, le cagionava. Egli, sissignori! E se le domandavo:

— Ma perchè, cara? —

Mi rispondeva:

— Ah, me lo domandi? Ah, non ti basta quello che m’hai detto or ora?

— Io? —

— Tu, tu, sì! —

— Ma quando mai? Che cosa? —

Trasecolavo.

Era manifesto che il senso che io davo alle mie parole era un senso per me; quello che poi esse as-