Pagina:Pirandello - Uno nessuno e centomila, Milano, Mondadori, 1936.djvu/86

Da Wikisource.



§ 6. Il buon figliuolo feroce.


Con gli occhi pieni dell’orrore di questa scoperta, ma velato l’orrore da un avvilimento, da una tristezza che pur mi atteggiavano le labbra a un sorriso vano, nel sospetto che nessuno potesse crederli e ammetterli in me davvero, io allora mi presentai davanti a Dida mia moglie.

Se ne stava – ricordo — in una stanza luminosa, vestita di bianco e tutta avvolta entro un fulgore di sole, a disporre nel grande armadio laccato bianco e dorato a tre luci i suoi nuovi abiti primaverili.

Facendo uno sforzo, acre d’onta segreta, per trovarmi in gola una voce che non paresse troppo strana, le domandai:

— Tu lo sai, eh Dida, qual è la mia professione? —

Dida, con una gruccia in mano da cui pendeva un abito di velo color isabella, si voltò a guardarmi dapprima, come se non mi riconoscesse. Stordita, ripetè:

— La tua professione? —

E dovetti riassaporar l’agro di quell’onta per riprendere, quasi da un dilaceramento del mio spirito, la domanda che ne pendeva. Ma questa volta mi si sfece in bocca: