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Pagina:Pisacane - Saggio sulla rivoluzione.djvu/160

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La formola ubbidienza a chi comanda, che ora regge la Francia resse eziandio l’Italia, nel secolo passato e ne’ due precedenti; ma il concetto del risorgimento italiano, fatto sentimento, dal quattordici, cangiolla. Il costume che ora dalle Alpi al Lilibeo hanno i popoli italiani, è, sempre che lo possano, resistenza a chi comanda, nè esso può cangiarsi in un istante. Il terrore produrrebbe l’immediata reazione, favorevole al nemico già accampato fra noi: le passioni in Italia non sono tiepide; la forza medesima di esse rese gli italiani padroni del mondo, e ne fa un popolo ch’è assai difficile governare. Ed ammessa l’ubbidienza, cosa valgono que’ battaglioni per forza raccolti? ne’ tumulti ardenti, sono codardi in ordinate battaglie. La Francia stessa, su cui il terrore ebbe grandissimo successo, non ebbe esercito prima del 94; per cinque anni rimase esposta ai colpi nemici, fu salva non già per propria virtù, sì per gli errori di quelli. Ma l’Italia non può sperare tale fortuna; appena qualche mese sarà concesso all’insurrezione italiana, per poi trasformarsi in esercito.

Inutile, inefficace, ruinoso è il terrore in Italia. Quali mezzi rimangono, adunque, agli uomini eletti a governarla in sì difficile emergenza? Uno solo: fare un fervido e continuato invito al paese, e proporre i mezzi come provvedere a tutto; dico proporre, imperocchè, non potendo abusare della forza, i comandi non si ridurrebbero che a semplici proposte, il cui risultamento dipenderà dalla volontà del paese, epperò dalle cagioni, che determineranno questa volontà.

L’odio ai presenti governi, bastante ad insorgere, trionfata l’insurrezione, s’ammorza, quindi bisogna, suscitare una passione, onde bilanciare i rischi e gli stenti della guerra. Il desiderio di libertà, d’indipendenza, l’amor della patria, hanno forza grandissima nei cuori di quella balda ed intelligente gioventù, che