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non eravi che un altro passo a farlo, ed egli lo avrebbe potuto, studiando sui passati avvenimenti, senza lasciarsi deviare da ciò che detestava presso gli oltremontani.
La prima esaltazione rivoluzionaria creò que’ battaglioni, che valorosamente difesero la romana repubblica. Quella ammorzata, quantunque tutti applaudissero al governo repubblicano, esso non trovava soldati. Il volgo in un tale fatto, altro non iscorge che un mal volere, una ripugnanza alla milizia, mentre esso emerge da più lontane fonti, da più importanti cagioni. È la quistione economica, che sotto vari aspetti padroneggia l’Europa, e reclama la sua supremazia. Il popolo non ottenne dalla repubblica vantaggi tali da impugnare le armi a sua difesa; in esso prevaleva l’odio al passato più che l’amore al presente. Mazzini, oltre a ciò, avrebbe dovuto ridursi alla memoria la lettera che Sismondi scriveva alla Giovine Italia: «Finalmente la stessa libertà, scriveva l’insigne pubblicista, offre il più tremendo di tutti i problemi, quello della protezione del povero e dell’ignorante... affiderete voi la causa del proletario agli uomini che ne dividono le privazioni? Essi non hanno forza. L’affiderete quindi ai ricchi? essi saranno i primi a tradire il popolo.» Di questo problema Mazzini avrebbe dovuto fare il cardine principale dei suoi sforzi, della sua propaganda: avrebbe dovuto svolgerlo, ventilarlo. L’adesione di molti sarebbe per ciò mancata al comitato; ma le sue file in luogo di diradarsi, sarebbero andate sempre ingrossandosi dell’immensa moltitudine che soffre, e che sola combatte.
Mazzini avrebbe dovuto essere quale fu allorchè iniziava la Giovine Italia; combattere i Governi, le ogni specie di dittatura; richiedere tutto alle masse popolari, ed aggiungervi una franca propaganda dei diritti del povero, una guerra accannita alle usurpazioni