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STUDIO CRITICO SUI CANTI POPOLARI | 123 |
questo momento storico, avvertiamo bene a’ luoghi che più colpirono la immaginazione de’ poveri deportati. Barberia, la regione d’Africa più vicina alle nostre coste, a preferenza eli qualunque altra, bagnata dal nostro mare, Barberia non uscì di mente al Siciliano, che sempre o quasi ne fece un solo regno colla Turchia Europea, e qualche volta colla Slavonia, un tempo tributaria anch’essa del Sultano di Costantinopoli. Acqua di filtri quella delle sue tre fontane, onde il poeta spera farsi riamare dalla sua amata; nera la terra di que’ luoghi, che alleva cuori da tigri:
Tìghira di Livanti, arma crudili,
Ca t’addivaru ’ntra la Scavunia.
Tra le tante e tante volte che toccasi della Turchia (e per Turchia vuolsi intendere meno l’Africa settentrionale, che la Turchia d’Asia o d’Europa) essa è rappresentata come lontana regione, come terra di schiavi che traffica sulla vita degli uomini:
Si Toru e si l’argentu ’un m’abbastassi,
Seavu mi jissi a vìnniri ’n Turchia,
Ddá nni li Turchi pri pignu ristassi.
Grande, splendido, glorioso, il Sultano è il più potente ed insieme il più temuto sire della terra. Quando egli si muove, popoli e nazioni l’ammirano, quando egli parla, muti s’inchinano i coronati dell’universo. Le sue ricchezze, il suo comando, sono il desiderio di chicchessia:
O Diu! ch’avissi una muntagna d’oru,
Quattrucent’unzi di rènnita l’annu!