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130 STUDIO CRITICO SUI CANTI POPOLARI


Due volte si decanta il fiume Giordano, le cui acque sono mirabili nel battesimo; altrettante l’Oreto, oggi ridotto a povero fiume; una volta sola, i salutari effetti dell’acqua di Denisinni in Palermo; un’altra, lo scembro appena esso fu introdotto in Sicilia, dove oggi si sconosce; ripetutamente, la Fata Morgana, paragone di bellezze misteriosa, la seta d’Amalfi, ecc. In continuo moto sono corsali e galere, e tra esse una feluca per trasporto di conti e di cavalieri, di re e d’imperatori; due galere sono genovesi, due altre veneziane, come spagnuole sono certe lettere d’ innamorati, francesi certi cortinaggi. Nè spade damaschine e scimitarre vi mancano, nè corazze, lancie ed elmi. Superbo tra’ tanti imperi è un Impero Romano, di cui è appunto padrona la donna de’ nostri monti1, che è ad un tempo una romana dea, imperatrice d’incognite regioni. Quegli Ebrei che furono tanto odiati, e poi così miseramente banditi dalla Sicilia, nelle cinque volte che vengono sulla scena, figurano da vili e da tristi che più non v’ebbero sulla terra. Iddi sunnu cchiù vili di l'Ebbrei, cantasi con isdegno delle cattive donne; Chista ’un è liggi mancu ’ntra l'Ebbrei, è detto d’una legge spietata; Persi la Dia mia ’mmenzu l'Ebbrei, viene piangendo uno sfortunato giovane. La spada d’ Orlando, tanto rinomata pel mondo2, il marrano della Cavalleria;, l’uno e l’altro discesi fin ne’ poeti rustici, sono consacrati nel canto, dove la voce catapanu (cataban

  1. Patruna di lu ’Mperiu Rumanu.
  2. Du’ cosi ’lluminati su' a lu munnu:
    La tò biddizza e la Spata d Orlannu.