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STUDIO CRITICO SUI CANTI POPOLARI 155


  A Roma santa ce so’ gito anch’io,
E ho visto co’ mei occhi il fatto mio:
  E quando a Roma ce s’è posto il piede,
Resta la rabbia, e se ne va la fede.

Non son taciuti i Turchi, autori di ratti nel canto ligure, nè omessa è la Francia: ma, o perchè i ricordi della sua poetica Cavalleria sono dimenticati, o perchè dalle costei prodezze non rimase gran fatto impressionato il popolo (la qual cosa è poco probabile), invece delle laudi lusinghiere, trovi una filatessa d’improperî a’ suoi abitanti, che pretendono, dice un canto, di mangiare in casa altrui, e di farsi tenere il bordone da chi gli ebbe per servitori sconcissimi. Godesti canti, bisogna pur confessarlo, portan la data del secolo scorso, e, con precisione, dell’anno che al grido di Viva Maria! Viva Gesù! inseguivansi i repubblicani d’Italia; però un solo ne riporto come documento di odî che non avrebbero dovuto aver luogo, o meglio, esser seminati tra due popoli fratelli:

  Lasciate de canta’ ch’ecco i Francesi:
E quando arcanterem pe’ sti paesi?
  — Arcanterem, se loro se ne vanno,
Che fin che ce son lor s’avrà l’affanno:
  E canteremo allor: Viva Maria!
La razza de’ ladroni è gita via;
  E canteremo allor: Viva Gesù!
La razza de’ ladroni non c’è più.

Firenze è nel canto umbro città così remota come, nel friulano, Parigi; non un canto che ricordi il mare, tanta parte del ligure; lunghi gli stornelli, molto più