Pagina:Platone - Fedro, Dalbono, 1869.djvu/61

Da Wikisource.

— 51 —

stato divampa tutta e balza, e come coloro ai quali spuntano i denti, quando sono proprio in quel punto patiscon prurito e dolore attorno alle gengive, lo stesso patisce l’anima di quell’uomo quand’essa incomincia a mettere le ali, ed allo spuntar delle penne s’infoca, e prova dolore acuto e solletico ad un tempo. Adunque allorché riguarda la bellezza di qualche giovinetto, e da quella ricevendo l’effluvio delle particelle che si muovono da lei, viene inondata e riscaldata, essa viene a sollevarsi dal suo dolore e si rallegra; ma quando riman sola e si rasciuttano i pori di passaggio donde escon fuori le penne, chiudendosi perché inariditi, ne viene impedito il crescere delle penne, e così racchiuse queste con le particelle che ho dette, battendo con forza come fanno le arterie, ciascuna penna punge ciò che gli è di ostacolo all’uscita, onde avviene che l’anima tormentata tutta quanta attorno in giro viene agitata e soffre, mentre per contrario la ricordanza della bellezza la rallegra. Così dalle due cose mischiate insieme patisce una strana sofferenza, e priva di consiglio diventa furiosa, e nel suo stato di rabbia non può giacere la notte, nè posare il giorno in alcun luogo, ma va correndo col desiderio dove mai creda di poter vedere quella cosa ornata di bellezza; e veduta che l’abbia e che scorre in essa l’effluvio del bello, si sciolgono