Pagina:Platone - Fedro, Dalbono, 1869.djvu/8

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innanzi agli altri anche per la qualità del dialogo, il quale accenna in modo comprensivo a tutte quelle dottrine sull’amore, sull’anima, sulla natura universale, sul bello, che hanno più ampio svolgimento nel primo Alcibiade, nel primo Ippia, nel Fedone, nel Convito, nel Parmenide. Volendo mostrare che cosa sia il bello, che spesso è scambiato dagli uomini con ciò che non è tale, incomincia Socrate a confutare un discorso di Lisia, mostrando in che cosa non sia bello. Questo Fedro discepolo ed ammiratore di Lisia si scontra con Socrate il quale richiedendolo, così un poco al solito, de’ fatti suoi, lo conduce a leggergli un discorso che portava sotto il mantello. Sul discorso dell’oratore egli fa una lunga lezione non solamente confutandolo, ma mettendone fuori un altro fatto all’improvviso da lui. Per modo che due sono le parti di questo dialogo la prima che si potrebbe dir pratica perchè dimostra coll’esempio, contrapponendo il suo ad un lavoro uscito dalla scuola di sofisti, e l’altra parte proprio insegnativa nella quale viene a ragionar de’ principj. Così proseguendo, manifesta che il vero bello è riposto nella ragione, la quale congiunge l’uomo a Dio, che la parola è quella per cui riluce la bellezza della ragione, onde la vera bellezza sta riposta nella ragione e nel discorso. Quindi viene ad annoverare i vari modi con cui l’uomo per le cupidità e libidini d’ogni specie può macchiare ed offuscare il bello, e spiega più ampiamente la natura, l’ordine, la forza della ragione e della parola, mostrando prima in che modo l’anima umana guidata dalla reminiscenza di una vita anteriore intravvede il bello, per mezzo di quel movimento di essa che si chiama amore, il quale è obbligato a percorrere tutta la scala della bellezza relativa per giungere all’idea della bellezza assoluta, la quale si trova oltre i confini di questo mondo, e mostrando in che modo lo può manifestare pienamente per mezzo della