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Pagina:Platone - Il Timeo e l'Eutifrone, Acri, 1889.djvu/25

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Crizia. Adunque, Socrate, guarda come noi ti abbiamo ordinata la imbandigione. Parve a noi che Timeo, il quale è fra noi spertissimo di astronomia e ha posto grandissimo studio in conoscere la natura dell’universo, dovesse parlar primo, incominciando dalla generazione del mondo e facendo fine alla natura degli uomini. Io, appresso, da lui ricevendo gli uomini col ragionamento suo generati, e da te quelli che tu hai ammaestrati eccellentemente; e, secondo la legge e l’istoria di Solone, menandoli nel nostro cospetto quasi dinanzi a giudici, farolli cittadini di questa città, come s’eglino fossero quelli Ateniesi d’allora, i quali le scritture sacre di Egitto ci rivelarono essere isvaniti; per ragionar poi di loro come di cittadini nostri e Ateniesi davvero.

Socrate. Questa imbandigione che voi mi fate, mi par bene copiosissima e splendida. Dunque, par che tocchi a te di cominciare, o Timeo; invocati che tu avrai gl’Iddii, come è costume.

V.

Timeo. Ma tutti, Socrate, anco se di poca mente, in sul mettersi a qualsiasi faccenda, o piccola o grande, sempre invocano Iddio; e noi, che abbiamo a ragionare dell’universo, se egli è generato o no, se non siamo dissennati proprio, necessità è che invochiamo e preghiamo gl’Iddii e le Dee, perchè ci faccian parlare in forma, che noi piacciamo a loro specialmente, e poi a noi. E