Vai al contenuto

Pagina:Platone - Il Timeo e l'Eutifrone, Acri, 1889.djvu/35

Da Wikisource.

— 27 —

quelle); e di tre fattone una, tutto questo egli divise novamente in tante parti, quante si convenne; sì che ciascuna fosse temperata della natura del medesimo, di quella dell’altro, e di quella essenza che è nel mezzo. Ed egli così cominciò a spartire. Del tutto prima toglie una parte; poi un’altra, ch’era due cotanti di quella; e poi la terza, la quale era una volta e mezzo la seconda, e tre la prima; e poi la quarta, ch’era due cotanti della seconda; e poi la quinta, ch’era tre cotanti della terza; e poi la sesta, la quale era la prima otto volte; e la settima poi, la quale era la prima ventisette volte. Dopo ciò riempie gl’intervalli doppi e tripli (delle due sequenze di numeri che vennero dalla detta divisione, le quali hanno a ragione loro, l’una il due, e l’altra il tre),1 avendo ancora di là riciso altre parti, e postole in questi intervalli; facendo sì che fossero in ciascuno intervallo due medii, e l’uno avanzasse un estremo e avanzato fosse dall’altro di una medesima parte di ciascuno di quelli; e l’altro che tanto in numero avanzasse un estremo, quanto egli dall’altro estremo fosse avanzato. e messo ne’ detti intervalli questi medii, e nati nuovi intervalli, cioè d’uno e un mezzo, d’uno e un terzo e d’uno e un ottavo, egli riempie con l’intervallo d’uno e un ottavo gli intervalli d’uno e un terzo, lasciando parte di ciascuno

  1. Per intendere ciò che detto è in questa parte del testo, si veda la dichiarazione del Martin, la quale io ho trascritto alla fine di questo libro.