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Pagina:Platone - Il Timeo e l'Eutifrone, Acri, 1889.djvu/49

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terra, o balenando fra molli iscorrimenti delle acque, o avviluppato dal turbinio dei venti mossi dall’aria, i moti di tali cose, trapassando per il corpo, sì investivano l’anima: i quali moti per questo si chiamarono poi in genere sensazioni, e sono chiamati così ancora presentemente.

Queste arrecando subitamente, eziandio allora, moltissimo e grandissimo moto, e turbando con il perenne fluente rivo i giri dell’anima e conquassandoli, fermarono del tutto quello del medesimo, scorrendo di contro a esso, e sì gli impedirono il governare e lo andare; e così ancora il giro dell’altro conquassarono, che esso, e insieme i tre intervalli di ciascun dei due ordini, di quel che ha il due a ragione sua, e di quello che ha il tre, e i medii, e i legami d’uno e un mezzo e d’uno e un terzo e d’uno e un ottavo, da poi che non erano dissolubili totalmente se non da colui che legolli, in tutt’i modi scontorsero, facendo seni ne’ cerchi e disuguaglianze quante più potevano. Onde i cerchi tenendosi insieme a mala pena, si moveano sì, ma senza ragione, or contrarii, or obbliqui, e or riversati così, come quando riversato è alcuno, pontando in terra il suo capo e gittando in su i piedi e appoggiandoli ad alcuna cosa: imperocchè, così stando, in rispetto di coloro che lo guardano, la diritta di quelli a lui, e la diritta di lui a quelli, sinistra apparisce, e la sinistra diritta. Ora patendo fortemente i giri queste medesime turbazioni e altre simiglianti, quando s’abbattono in cosa esteriore della natu-