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faremo la prova per mezzo della logica dell’autore stesso.

«Un albero», asserisce Mr. Mill, «deve essere o non essere un albero». Benissimo: ed ora domandiamogli il perchè. A questo piccolo quesito non vi è che una risposta — io sfido ogni essere vivente a trovarne una seconda. L’unica risposta è questa: «Perché noi troviamo che è impossibile concepire che un albero sia niente altro che un albero o non un albero.» Questa, io ripeto, è l’unica risposta di Mr. Mill — egli non pretenderà di suggerirne un’altra; eppure, per la sua dimostrazione stessa, la sua risposta non e evidentemente una risposta — poiché non ci ha egli già richiesto di ammettere, come un assioma, che la capacita o l’incapacità di concepire non si deve mai in nessun caso considerare come un criterio di assiomatica verità? Cosi tutta, assolutamente tutta la sua argomentazione è come una barca in mare senza timone. Non si pretenda che si debba fare un’eccezione alla regola generale nei casi in cui «l’impossibilità di concepire» è così peculiarmente grande come in questo caso in cui noi siamo chiamati a stabilire che un albero può essere tanto un albero come un non albero. Non si tenti, io dico, di stabilire questo non senso; perchè, in primo luogo, non vi sono dei gradi «d’impossibilità», e così nessuna concezione impossibile può essere più peculiarmente impossibile che un’altra concezione impossibile; in secondo luogo, Mr. Mill stesso — senza dubbio dopo una profonda deliberazione — ha più distintamente e più razionalmente escluso tutte le opportunità di fare delle eccezioni coll’enfasi della sua proposizione che non si può considerare in nessun caso la capacità o l’incapacità di concepire come un criterio di assiomatica verità; in terzo luogo, anche se vi fossero delle eccezioni ammissibilissime, rimane da dimostrare se qui se ne possa ammettere una qualsiasi. Che un albero possa essere un albero o non un albero è un’idea che gli angeli o i demoni possono accettare e che senza dubbio molti terrestri Bedlamitinota o Trascendentalisti accettano.

«Ora, io discuto con questi antichi», continua l’autore della lettera, «non tanto riguardo alla frivolezza trasparente della loro logica — la quale, per essere sinceri, era senza base, senza valore e completamente fantastica — quanto riguardo alla loro pomposa e infatuata proscrizione di tutte le altre vie alla Verità che non siano le due anguste e tortuose strade — l’una di viltà e l’altra di strisciamento — a cui, nella loro ignorante perversità, essi hanno osato di confinare l’Anima — l’Anima che non ama nulla di meglio che di librarsi in quelle regioni delle intui-

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  1. Maniaci. — Bedlam, famoso manicomio.                    (Nota del Trad.)