Pagina:Poe - Storie incredibili, 1869.djvu/132

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vedere la casa e la prospettiva caratteristica di quel dominio, le mura solitarie, le finestre somiglianti ad occhi immani e distratti; e cespi di giunchi vigorosi, qualche vecchio albero lopposo, provava quel completo abbattimento dell’animo che nelle nostre sensazioni terrene non può venir meglio paragonato che agli ultimi vaneggiamenti del mangiatore d’oppio, — al suo doloroso ritorno alla vita del dì, all’orribile e lento svanire dell’illusorio velo.

Provava un freddo sconforto al cuore, un malessere vivo, — una persistente mestizia di pensiero, tale che nessun pungolo di fervida fantasia avrebbe potuto ravvivare e scuotere potentemente. E che era mai dunque — così mi diedi a riflettere — che cos’era mai quel non so che ond’io mi sentiva venir meno al solo contemplare la casa Usher? Mistero tutt’affatto insoluto ed insolubile, nè io mi sentiva da tanto da poter lottare contro i tenebrosi pensieri, che sempre più si addensavano man mano ch’io mi figgeva in essi.

Per lo che dovetti appigliarmi a questa poco soddisfacente conclusione, che cioè esistono in natura sì fatti accozzamenti semplicissimi di oggetti che posseggono la strania facoltà d’impressionarci in cotesto modo, l’analisi della cui virtù od influsso riposa appunto in quella specie di considerazioni nelle quali la nostra ragione si intrica e si perde. Forse — così almeno pensava — poteva darsi che una semplice differenza nella collocazione materiale degli ornati, delle particolarità del quadro, del complesso della scena bastasse per modificare, e fors’anche per distruggere questa stessa potenza d’impression dolorosa: e, nel tener dietro a questa idea,