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il fiore 247

XXXII

L’Amante.

     Gelosia andava a proveder le porte:
sí trovava le guardie ben intese,
contra ciascuno star a le difese
4e per donar e per ricever morte.
E Malabocca si sforzava forte
in ogne mi’ sacreto far palese.
Que’ fu ’l nemico che piú mi v’affese,
8ma sopra lui ricaddor poi le sorte.
     Que’ non finava né notte né giorno
a suon di corno gridar: «Guarda, guarda!»;
11e giva per le mura tutto ’ntorno
dicendo: «Tal è putta e tal si farda,
e la cotal ha troppo caldo il forno,
14e l’altra follemente altru’ riguarda».

XXXIII

L’Amante.

     Quand’i’ vidi i marosi sí ’nforzare
per lo vento a Provenza che ventava,
ch’alberi e vele e ancole fiaccava
4e nulla mi valea il ben governare,
fra me medesmo comincia’ a pensare
ch’era follia se piú navicava,
se quel mal tempo prima non passava
8che dal buon porto mi facea lungiare.
     Sí ch’i’ allor m’ancolai a una piaggia,
veggendo ch’i’ non potea entrar in porto:
11la terra mi parea molto salvaggia.
Ivi vernai con molto disconforto.
Non sa che mal si sia chi non assaggia
14di quel d’Amor, ond’i’ fu’ quasi morto.