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268 | poemetti allegorico-didascalici |
LXXIV
L’Amante.
Intorno dal castello andai cercando
sed i’ potesse trovar quell’entrata
la qual Folle-Larghezza avea fondata,
4per avacciar ciò che giva pensando.
Allor guardai, e sí vidi ombreando
di sotto un pin una donna pregiata,
sí nobilmente vestita e parata
8che tutto ’l mondo gia di lei parlando.
E sí avea in sé tanta bellezza
che tutto intorno lei alluminava
11col su’ visaggio, tanto avea chiarezza;
ed un suo amico co llei si posava.
La donna sí avea nome Ricchezza,
14ma lui non so com’altri l’appellava.
LXXV
L’Amante e Ricchezza.
Col capo inchin la donna salutai,
e sí la cominciai a domandare
del cammin ch’uomo appella Troppo-Dare.
4Quella rispose: «Giá per me nol sai;
e se ’l sapessi, giá non vi ’nterrai,
chéd i’ difendo a ciaschedun l’entrare
sed e’ non ha che spender e che dare:
8sí farai gran saver, se te ne vai;
ch’unquanche non volesti mi’ accontanza,
né mi pregiasti mai a la tua vita.
11Ma or ne prenderò buona vengianza;
ché, sie certano, se tu m’hai schernita,
i’ ti darò tormento e malenanza,
14sí che me’ ti varria avermi servita».
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