Vai al contenuto

Pagina:Poemetti italiani, vol. I.djvu/214

Da Wikisource.
202


     Dove, ah! dove fuggì la tua consorte
10Giusta, e sola cagion del tuo dolore,
Prospero? ahi quanto t’involò la sorte,
Virtù, beltà, di gioventù sul fiore!
Oh qual ferita mai spietata morte
Cruda t’aperse nel sensibil core!
15Odi almeno far eco a’ tuoi lamenti
Cetra, che suona sol dogliosi accenti.

     Che doloroso ben diviene il giorno
A chi riman d’ogni speranza orbato:
Metilde il sa, che un dì scherzare intorno
20Si vide Enrica al tempo suo beato:
Misera madre! al caro sen ritorno
Più non farà pur troppo! il pegno amato:
E tu lo sai, che sull’albor degli anni
La vedesti soffrir acerbi affanni.

     25Ma ti consoli che sull’alte sfere
Il padre amante se l’accolse in seno,
E librando nel ciel l’ali leggiere
Puro spirto divin or vive appieno.
Ad essa è dato il disprezzar le nere
30Onde di Lete, e suo mortal veneno.
Ah sento, che dell’etra, ove t’affidi,
Bell’alma, tu sola m’ispiri, e guidi.