Pagina:Poemetti italiani, vol. II.djvu/19

Da Wikisource.

15


     Quinci prendendo misera speranza
330A gli ardenti desiri sciolse il freno;
E tale al suo voler diede baldanza,
Che a lui ricorse lagrimando in seno,
E la sua doglia, che ogni doglia avanza
Cerca in caldi sospir mostrargli appieno:
335E talor benchè timida e tremante
Pur tocca il volto al fuggitivo amante.

     Ei più selvaggio assai che damma o cervo
Che vicin senta i can seguir la traccia,
Con più furor che stral possente nervo
340L’innamorata ninfa indi discaccia.
Pria mi diventi polve ogni osso e nervo,
Dice ’l crudel, ch’io sia ne le tue braccia,
Gli occhi addoppiando in mille parti l’onde
Ch’io sia ne le tue braccia Eco risponde.

     345E ’n tal vergogna e ’n tal disdegno sale
Che qual fera cacciata si rimbosca;
Odia se stessa e chi la ’ndusse a tale,
Fugge il seren cercando l’aria fosca;
Più di morir che di restar le cale
350Là ve sterpo pur sia che la conosca:
Ovunque asconda il volto, ovunque mire
Ode un che biasma l’impudico ardire.