Pagina:Poemetti italiani, vol. II.djvu/28

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     545Sente il miser mancarsi a poco a poco
E più de l’ombra che di se gl’incresce;
Pensa morendo in se sia spento il foco,
Ma ’l morir di costei pena gli accresce;
Poi si conforta e dice; in altro loco
550Che nel suo dolce meno amaro mesce
Ci rivedrem tra più chiare acque amiche
Che non son queste al mio desir nemiche.

     Così, lasso, piangendo, in pace resta,
Disse, e la fronte sotto l’erba ascose.
555Eco dal monte lagrimosa e mesta:
In pace resta al suo partir rispose.
L’alma spogliando la terrena vesta
Fra fior lasciolla, e tra vermiglie rose
Qual giglio tronco dal nativo stelo
560Da fermar di pietà le stelle e ’l cielo.

     Le vaghe ninfe co’ pastor d’intorno
Pien di doglia sentir l’aspra novella:
Ciascun piangendo il giovinetto adorno,
Morte natura il ciel crudele appella;
565Ch’a pena vista non ci lascia un giorno
Con pace dimorar cosa sì bella;
E formando beltà con tanta cura,
In un sol punto poi la dona e fura.