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Pagina:Poemetti italiani, vol. II.djvu/8

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     65Ma chi far ne potria più fede al vero,
Che ’l bel figliuol, che di Cefiso nacque?
Che quanto ad altri fu sdegnoso e fero,
Tanto poi troppo a se medesmo piacque?
Però ch’amor, sotto ’l cui giusto impero
70Sempre superbia, e crudeltà dispiacque,
Quanto più grave l’altrui fallo intende
Tanto aspra più la sua vendetta prende.

     Non formò forse mai l’alma natura
Leggiadria tanta, nè beltà sì rara,
75Quanto in Narcisso, che la fama oscura;
State d’amor fin a quel dì rubelle,
Mirando ’l volto e le sembianze oneste
Da tor dal corso suo l’onde e le stelle,
Si sentivan cangiar a dramma a dramma,
80Fin che eran tutte in amorosa fiamma.

     Ei sì crudel, come leggiadro, e bello,
Tutte avea sempre duramente a schivo;
Nè d’alto monte mai fuggì ruscello,
Com’egli amor d’ogni dolcezza privo.
85Dicean le Ninfe: ah dispietato e fello
Aspe affocato al lungo giorno estivo,
Deh perchè in noi la tua beltà non viene
O nel tuo cor queste amorose pene?