Pagina:Poemetti italiani, vol. VI.djvu/72

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E fulminando, alfin spietatamente
Balzaron giú da’ loro aviti troni
Re Messicani e generosi Incassi;
Poiché nuove cosí venner delizie,
O gemma degli eroi, al tuo palato!
Cessi ’l Cielo però, che in quel momento
Che la scelta bevanda a sorbir prendi,
Servo indiscreto a te improvviso annunzi
Il villano sartor che, non ben pago
D’aver teco diviso i ricchi drappi,
Oso sia ancor con pòlizza infinita
A te chieder mercede. Ahimè, che fatto
Quel salutar licore agro e indigesto
Tra le viscere tue, te allor farebbe
E in casa e fuori e nel teatro e al corso
Ruttar plebeiamente il giorno intero!
   Ma non attenda già ch’altri lo annunzi,
Gradito ognor, benché improvviso, il dolce
Mastro che i piedi tuoi, come a lui pare,
Guida e corregge. Egli all’entrar si fermi
Ritto sul limitare: indi elevando
Ambe le spalle, qual testudo il collo
Contragga alquanto; e ad un medesmo tempo
Inchini ’l mento, e con l’estrema falda
Del piumato cappello il labbro tocchi.
Non meno di costui, facile al letto
Del mio Signor t’accosta, o tu che addestri