Pagina:Poemetti italiani, vol. VI.djvu/80

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Vaglio, e vo’ regnar solo. A tuo piacere
Tra noi pàrti l’impero, ond’io con teco
Abbia omai pace, e in compagnia d’Imene
Me non trovin mai piú le umane genti».
Qui tacque Amore, e, minaccioso in atto,
Parve all’Idalia Dea chieder risposta.
Ella tenta placarlo, e pianti e preghi
Sparge ma in vano; onde a’ due figli volta
Con questo dir pose al contender fine:
«Poiché nulla tra voi pace esser puote,
Si dividano i regni. E perché l’uno
Sia dall’altro germano ognor disgiunto,
Sieno tra voi diversi e ’l tempo e l’opra.
Tu che di strali altero a fren non cedi,
L’alme ferisci, e tutto il giorno impera:
E tu che di fior placidi hai corona
Le salme accoppia e coll’ardente face
Regna la notte». Ora di qui, Signore,
Venne il rito gentil che a’ freddi sposi
Le tenebre concede, e de le spose
Le caste membra; e a voi beata gente
Di piú nobile mondo il cor di queste,
E il dominio del dí, largo destina.
Fors’anco un dí piú liberal confine
Vostri diritti avran, se Amor piú forte
Qualche provincia al suo germano usurpa:
Cosí giova sperar. Tu volgi intanto