Pagina:Poemetti italiani, vol. VI.djvu/87

Da Wikisource.

In nobil cor. Tosto il Signor vedrai
Mansuefatto a te chieder perdono,
E sollevarti oltr’ogni altro mortale
Con preghi e scuse a niun altro concesse;
Onde securo sacerdote allora
L’immolerai qual vittima a Filauzio,
Sommo Nume de’ Grandi, e pria d’ognaltro
Larga otterrai del tuo lavor mercede.
Or, Signore, a te riedo. Ah non sia colpa
Dinanzi a te s’io travviai col verso
Breve parlando ad un mortal cui degni
Tu degli arcani tuoi. Sai che a sua voglia
Questi ogni dí volge e governa i capi
De’ piú felici spirti; e le matrone,
Che da’ sublimi cocchi alto disdegnano
Volgere il guardo a la pedestre turba,
Non disdegnan sovente entrar con lui
In festevoli motti allor ch’esposti
A la sua man sono i ridenti avori
Del bel collo e del crin l’aureo volume.
Perciò accogli, ti prego, i versi miei
Tuttor benigno: et odi or come possi
L’ore a te render graziose mentre
Dal pettin creator tua chioma acquista
Leggiadra o almen non piú veduta forma.
   Picciol libro elegante a te dinanzi
Tra gli arnesi vedrai che l’arte aduna