Pagina:Poemetti italiani, vol. VI.djvu/98

Da Wikisource.

L’imitante un cuscin purpureo Drappo
Mostra turgido il sen d’erbe odorate
Che l’aprica montagna in tuo favore
Al possente meriggio educa e scalda.
Seco vien pur di cristallina rupe
Prezioso Vasello onde traluce
Non volgare confetto ove agli aromi
Stimolanti s’unío l’ambra o la terra
Che il Giappon manda a profumar de’ Grandi
L’etereo fiato; o quel che il Caramano
Fa gemer latte dall’inciso capo
De’ papaveri suoi, perché qualora
Non ben felice amor l’alma t’attrista,
Lene serpendo per le membra, acqueti
A te gli spirti, e ne la mente induca
Lieta stupidità che mille aduni
Imagin dolci e al tuo desio conformi.
A questi arnesi il Cannocchiale aggiugni,
E la guernita d’oro anglica Lente.
Quel notturno favor ti presti allora
Che in teatro t’assidi, e t’avvicini
Gli snelli piedi e le canore labbra
Da la scena rimota, o con maligno
Occhio ricerchi di qualch’altra loggia
Le abitate tenèbre, o miri altrove
Gli ognor nascenti e moribondi amori
De le tenere Dame, onde s’appresti