Pagina:Poemetti italiani, vol. X.djvu/13

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     Or addoppiate Muse i mesti accenti
Dogliansi l’arpe, e pianga l’aurea cetra
Gito è qual lieve arena, e nebbia a’ venti
Il vostro alumno, e chiuso è a poca pietra
Piagner non cessin Musici strumenti
Fin che di doglia ogni mortal s’impetra,
E per darci quest’unico restauro
Aluigi risuone, e l’Indo, e’l Mauro.

     Spargete di Narciso, e di Jacinto
E d’altro fior ch’in maggior prezzo sore,
Satiri il fuoco, dove giace estinto
Cor vigoroso, e colle grazie amore,
Per addur gemme ognun sia presto accinto,
Fin dalle terre, ond’esce il nuovo albore,
Acciò si copra un Sir di lode tante
Sotto zaffir, crisolito, e diamante.

     Vener ch’abbandonata Paso, e Gnido
Ti trasferivi al Mantovan terreno,
Quell’oltre ogn’altro tuo riposto lido
Più colto ti parea, parea più ameno
Perch’in esso sovente al giovin fido
Aprivi l’odorato argenteo seno,
Allor ch’errante l’attendevi al varco
E depor lo facevi i strali, e l’arco.