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Pagina:Poemetti italiani, vol. X.djvu/132

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    Tu coronasti di sereni lampi
Al Sol la fronte; e per te avvien che il crine
45Delle comete rubiconde avvampi;
    Che agli occhi di quaggiù, spogliate alfine
Del reo presagio di feral fortuna,
48Invìan fiamme innocenti e porporine.
    Di tante faci alla silente e bruna
Notte trapunse la tua mano il lembo,
51E un don le fèsti della bianca Luna;
    E di rose all’Aurora empiesti il grembo,
Che poi sovra i sopiti egri mortali
54Piovon di perle rugiadose un nembo.
    Quindi alla terra indirizzasti l’ali,
Ed ebber dal poter de’ tuoi splendori
57Vita le cose inanimate e frali.
    Tumide allor di nutritivi umori
Si fecondar le glebe, e si fèr manto
60Di molli erbette e d’olezzanti fiori.
    Allor, degli occhi lusinghiero incanto,
Crebber le chiome ai boschi; e gli arbuscelli
63Grato stillar dalle cortecce il pianto;
    Allor dal monte corsero i ruscelli
Mormorando, e la florida riviera
66Lambir freschi e scherzosi i venticelli.
    Tutta del suo bel manto Primavera
Copria la terra ma la vasta idea
69Del gran Fabbro compita ancor non era.