Pagina:Poemetti italiani, vol. X.djvu/169

Da Wikisource.

165


     Dimmi qual esser dee dell’ira mia
L’oggetto primo e della tua vendetta,
Ch’io tal memoria ne darò che sia
D’esempio ognor la maestà negletta.
Ma se da te con cerimonia pia
L’Ombra smarrita il suo riposo aspetta,
Lungi ne andrò, che col restarti accanto
T’impedirei la libertà del pianto.

     Tolgan, riprese il Re, tolgan li Dei
Che fugga tu la mia mensa ospitale,
E in altri tetti che ne’ tetti miei
Gusti ’l pane innocente e l’aspro sale:
Ben fu a me cara ed io fui caro a lei
Che per sempre assopì morte fatale,
Ma qui non gioverìa ripeter come
Chiudesse i lumi, o rammentarne il nome.

     Deh! poichè fu il ferale onor compito,
Copra il silenzio ogni memoria trista
E la tranquillità, del mesto rito
Omai succeda alla dolente vista:
Lega con serti il crine ove al fiorito
Minto sia l’edra avviluppata e mista,
E dal nero licor, che le ore brevi
Rende al pensier, nuovo vigor ricevi.