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Pagina:Poemetti italiani, vol. X.djvu/187

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     Ma, poichè chiuse avrò le luci e quando
Fredda sotterra io sarò gita poi,
Pel nostro fido amor, ti raccomando
I miei figli innocenti, i figli tuoi.
Che se mesti talvolta é lagrimando
Chieggon la madre ed appagar li vuoi,
Narrando all’alme afflitte il caso atroce...
Finir volea, ma le mancò la voce.

     Quasi per trattener l’alma che uscio
Mi mossi, ed abbracciai le morte foglie,
E gran tempo inondai del pianto mio
Il freddo corpo della cara moglie.
Tratto dipoi dal flebil mormorio
Stuol pietoso di servi indi mi toglie.
Oggi ebbe tomba e or or tra ’l pianto amaro,
Gettai gli ultimi doni al cener caro.

     Questa è la miserabile e funesta
Storia, che più di rammentar ti vieto.
Or vedi tu se altra cagion mi resta
Onde in vita io giammai possa esser lieto.
Riscosso Ercole allor, qual chi si desta
Da lungo sonno, alzossi e disse: Admeto,
Sento il tuo duol, nè forse a te sia vano
Ch’io quà giungessi e sappia il caso strano.