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Pagina:Poemetti italiani, vol. X.djvu/218

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Torreggiano quai monti, e morte errando
Tra boccheggianti va nel feral campo.
Ma come puoi, se ognor grande e terribile
100Per l’universo ne risuona il grido,
Se costretto a perir salvo Israelle
Dimenticar dell’Eritreo le spiaggie
Ove i cavalli, e i cavalieri armati
Entro l’onde sobbisso, ove sul fiero
105Maravigliante Egizio il flutto indomito,
Il flutto, che qual muro in duo diviso
Prima alto pende, e immobile si sta,
Orribilmente, e con furor rovescio:
Ora solo Israello il popol mio
110L’opre del suo Signor, l’opre, e la forza
Nel simulante cuor sparge d’oblio?
A Baal perciò, a Beelfegor, a Camos
Egli ricorra, e a sua salvezza intenda.
    Tal all’infida Nazion parlava
115Iddio, che alfin l’indomita cervice
Depressa, ed al crudel peso cedente
Del tirannico braccio soprastante,
Umil gemendo a lui si volse, e disse:
Israelle peccò. Qual più ti piace
120Forma scempio di noi. Abbia l’offesa
Giustizia invendicata ampia compensa,
Ma questa volta ancor dalle non sazie
Unghie dello stranier degna camparne