Pagina:Poemetti italiani, vol. X.djvu/226

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Tenta al grand’uopo assicurar se stesso
315L’amante genitor; che il cuor ripugna,
E in se ristretto d’obbedir contende
Nel duro uffizio all’atterrita mano.
All’incontro primiero immoti entrambi
Restaro, e muti, ed abbassar le fronti.
320Nè poscia al favellar delle rivolte
D’occhi pur loro accorda aspra costanza
I voluti sospir; che solo esprime
Vicendevol dolore occhio, che torbo
Di fosca luce splende, e della morte
325Il soprastante orrore. In atto intanto
Forte, che gioja, e obbedienza spira
Ella prostrasi a terra, e ’l capo inchina,
Egli impugna la scure, e o degli eserciti
Vittorioso incontrastabil Dio,
330Al cui poter degli Ammoniti io debbo
Lo sterminio fatal, ecco che io pronto
L’inviolando giuramento adempio.
Oggi Israelle ad onorarti impari,
E tu, Signor, il sacrifizio accetta.335
    Disse, ed il ferro già sospeso in alto
Sul nudo collo in giù piombar lasciò.
Freme il popol d’orror sacro, e tremante
La maestà del giuramento ammira
E ’l funesto dover. Zampilla il sangue
340Ne rosseggia la pietra, ed al rovescio